Il Nuovo Regno e Balotelli.

Posted on 3 giugno 2013

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“Essere liberi significa per voi partecipare al dominio. Partecipare al dominio significa per voi dominare. E il vostro dominio lo chiamate dominio del pensiero. Per dominare siete disposti ad andare con gli affamati, perché qui si combatte per il dominio. Ma gli affamati vogliono il dominio per non aver fame, quindi vogliono un dominio del tutto particolare, che consiste nell’infrangere il dominio di coloro che cagionano la fame. Gli affamati non hanno nulla in contrario ad essere dominati, se questo dominio elimina la fame, in quanto accresce la combattività degli affamati. Essi non tengono in conto alcuno la vostra troppo libera libertà.”
Bertolt Brecht
 

E’ difficile in questi giorni affacciarsi alla finestra per “stare a vedere” poiché non vi è più nulla da vedere. Se le parole contavano mai come adesso esse risultano vuote e la coerenza si dipinge a bene negoziabile come tutto il restante. Ovunque il neoliberismo fagocita nell’universo mercantile il lavoro, la natura, la sostanza vivente e ciò comprende immancabilmente anche l’immaginario e la mente. Degli sfoghi retorici, in futuro, ci rimarranno forse quelli del Presidente della Camera e di qualche altro “legame” umano all’interno di istituzioni che hanno ormai definitivamente inserito il pilota automatico. Oltre la meccanica rimarrà la retorica nella misura in cui le mine che si stagliano lungo il paesaggio non potranno essere disinnescate dagli stessi che hanno contribuito a posizionarle. Le responsabilità (quelle vere e pressanti) si fanno ora condivise in una “guerra tra poveri” che ha già fatto la sua comparsa e che non potrà più delegare a una “politica” quel ruolo di mediazione abbandonato ormai definitivamente. La TINA (There is no alternative) ha vinto ancora ma oggi lo scenario è più drammatico.

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L’elezione del Presidente della Repubblica ha dettato la strada e anche le dottrine più scontate si sgretolano all’avanzare di un presente cristallizzato. Una simultaneità di passato e futuro in un presente istantaneo, tanto per dirla come Benjamin. Così mentre le regole affogano in un buco nero fatto di accordi tra opposti, l’istante diventa eterno.

orologio

“You need trust to have a truce”  Brienne di Tarth.

Nell’esperienza umana alleanze e tregue solitamente si stipulano con qualcuno di cui si detiene la fiducia ma nella vita artificiale imposta dal Capitalismo Reale tali precetti non possiedono più alcun valore. Se la politica è governo del tempo allora abbiamo sfiorato lo zero termico, quello dei surgelati che attendo l’acquirente negli scaffali dei supermercati. Prima delle elezioni, l’Italia era presieduta da Giorgio Napolitano, regista d’un governo di Grossolana Coalizione, vincolato all’agenda economica dettata dalla BCE. […] Dopo un risultato elettorale beffardo, e giorni grotteschi di laceranti convulsioni, tutto è cambiato: oggi l’Italia è presieduta da Giorgio Napolitano, regista d’un governo di Grossolana Coalizione, vincolato all’agenda economica dettata dalla BCE. (Qua)

Dopo venti anni di berlusconismo e di un centro-“sinistra” che ha eletto l’anti-berlusconismo a suo unico orizzonte programmatico anche solo il pensare di fare un “accordo stabile” con il “nemico” in una fase che si conferma drammatica (siamo a 5 anni di crisi e da 5 anni ci viene sussurrato che la ripresa  arriverà l’anno prossimo) o è una manifestazione di schizofrenia o è idiozia assoluta. La seconda ipotesi sembra essere la più quotata e non perché la disperazione non ha logica come ha evidenziato il sacrificio celebrato sull’altare del nuovo governo ma perché, come scrisse una volta Luigi Pintor a proposito del neonato Pds: “chi pretende di non venire da nessuna parte non andrà da nessuna parte“. Assonanze? Qualcuna ma forse nemmeno troppo meritate dato che i più “avveduti” dove andare lo sapevano benissimo e l’illusionismo analgesico di un “Pds-senza-la-s” ha consentito una certa facilità alla pratica, attuata magistralmente, di lasciare abbaiare la destra per bastonare la sinistra.

Sotterrata la tenue possibilità di un cambiamento si è optato per l’espropriazione di elettori e Parlamento e quel Re che ha orchestrato la governamentalità imposta dalla Troika europea è tornato sul suo trono alla venerabile età di 88 anni. I limiti anagrafici risultano evidenti così come il tempo a disposizione per questo Stato d’eccezione legato indissolubilmente al corpo fisico di Napolitano il quale, muovendosi oltre la norma e la prassi consolidata, ha inflitto un vulnus mortale al nostro diritto costituzionale, spostando lo scontro politico sul terreno costituente. L’abbraccio verso un assetto presidenziale è oggi di fatto obbligato e la stessa età del Presidente suggerisce una fretta ad istituzionalizzarsi senza troppe remore con tutti i rischi di forzature e violenze politiche che questo può comportare nelle attuali condizioni. In questo senso anche solo la parola Convenzione ( al di fuori della Costituzione) associata a “certi nomi” dovrebbe far tremare ma there is no alternative ci ripeteranno come se non ci fossero soggetti a compiere le scelte ma umanoidi oggetti di un meccano artificiale. Un voto è un voto e ciò vale tanto nell’urna quanto in Parlamento con dosi ben differenziate di responsabilità.

In Dreams Begin Responsibilities. 
Delmore Schwartz

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Poteva essere Renzi, oppure Amato, in “nuovo” che avanzava con il primo che godeva senza dubbio di un rapporto migliore con la chirurgia estetica che in fin dei conti è l’unica cosa che conta oggigiorno. E’ arrivato Letta il Giovane, nipote di Gianni il Berlusconiano e pronipote di Guido il Gerarca GuidoLettaFascista (uno che da morto riesce ancora a rubare 20mila euro dai fondi destinati al terremoto de L’Aquila) con sponsor annessi. A tenere a bada le truppe penserà Epifani con la bandierina del lavoro da sventolare a “bordo campo” a dispetto di un’assenza mentre va in scena il big match del nuovo governo di complicità nazionale. Il programma lo si conosce alla perfezione: bastonate ai soliti ignoti, carezze e regalie ai “soliti noti”, il tutto dettato da quella “mano” del mercato che ancora consideriamo “invisibile” ma che andrebbe ribattezzata “lesta”. Se l’economia su larga scala presenta una situazione di tregua armata, con lo spread sotto controllo, ciò non vuole dire che la megamacchina non debba in qualche modo essere nutrita; e no, non è questione di diaria o di finanziamento pubblico ai partiti, di cui tanto si parla, ma di noi, di tutti noi, la stragrande maggioranza, relegati a scivolare su un piano inclinato in attesa della prossima deflagrazione, della prossima bolla, del prossimo precipizio. Con un assetto produttivo che marcisce una nuova architettura governamentale si fa fattore urgente, distante dai recinti della Costuituzione del ’48 e lontana da una democrazia di senso compiuto. Questo è, di fatto, il dettato esplicito del nuovo governo e ce l’hanno spiegato chiaramente.

Difficile ora strapparsi le vesti  per l’ineleggibilità di un Berlusconi o per proposte shock sui reati per associazione mafiosa, chi c’era dall’altra parte lo si conosceva alla perfezione e un ventennio è tempistica per matrimoni maturi301908_4836437951223_1295448007_nCi si ricorderà senza ombra di dubbio anche di quell’orda di black blok in doppio petto che si scagliarono contro un potere dello Stato, davanti al tribunale di Milano e della flebile “reazione” tenuta in quell’occasione del nostro “custode della Costituzione” che in vista di forze reazionarie in azione contro altri poteri dello Stato cedette più con logica di commissario fallimentare che di Presidente. L’istante si è fatto eterno e una manifestazione del genere è tornata in scena solo pochi giorni or sono a Brescia. La novità, che mitigava grafica_repubblica_bacio-59837solo in superficie  la carica eversiva del fatto, era dettata dalla presenza, al comizio anti-magistrati, del neo-Ministro Algelino Alfano (un soggetto del genere) che, alla guida dell’Interno, è a capo della polizia giudiziaria (obbediente alla magistratura) nonché delle truppe preposte alla gestione della piazza, ridotte di fatto a “servizio d’ordine” di un’unico partito, il Pdl. Forse l’elementare separazione dei poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) è stata superata, di certo l’assordante silenzio calato sulla vicenda (ad esclusione della piazza contestante) l’ha relegato in una soffitta polverosa.Brescia

“La libertà riservata ai partigiani del governo non è libertà. La libertà è sempre e soltanto di chi la pensa diversamente. ”
Rosa Luxemburg

Ovunque e in ogni organizzazione è in atto un processo di stenosi che sta restringendo considerevolmente e in maniera alquanto preoccupante ogni agibilità alla libertà come se l’offerta democratica fosse concepita nella penuria, poche merci a disposizione sugli scaffali e tutte indistintamente avariate. Non è passato molto dall’installazione del nuovo governo ma già gli allarmi, in questo senso, risuonano oltre il livello di guardia. La litania a reti unificate suona all’incirca in questo modo: “Comandiamo noi” a  prescindere da qualunque pratica partecipativa, compresa quella del voto. In questo senso andrebbero lette le sparate “da trincea” che vedono il Pdl proporre il carcere per chi disturba le manifestazioni dei partiti e il Pd presentare un disegno di legge per impedire che i “non partiti” possano partecipare alle elezioni che è un po’ il corrispettivo politico di quanto sta avvenendo sul fronte sindacale con gli accordi sulla rappresentanza. Il campo si è ristretto e, affogata l’alternativa, anche solo il dissenso verrà da ora criminalizzato, troppo elevato il rischio che impoveriti ed esclusi si organizzino autonomamente con manifestazioni, scioperi e occupazioni. L’unica interfaccia possibile con la quale relazionarsi devono essere gli scudi della celere posti a baluardo di un fortino ormai straniero e la “civiltà giuridica” di cui tanto ci fregiamo scivolerà lentamente verso un codice militare dal carattere bellico, questa la strada, scaduto ormai definitivamente “a sinistra” il copyright della rappresentanza in seno ai conflitti sociali.

 
“E’ la vile moltitudine e non il popolo che vogliamo escludere”
Adolphe Thiers nel 1850

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Già il popolo, ma quale popolo? In pochi lo ricordano ma proprio nei giorni in cui si insediava il primo governo di “larghe intese”, quello dei tecnici extraumani, quello Monti, un rapido dibattito tentava di mascherarne la natura. Era stato addirittura Napolitano a farlo suo come se si fosse trattato di un primo faro per una miracolosa navigazione. Ovviamente non fu così e di miracoloso quel governo ebbe solo i danni provocati così come un naufragio scontato fu ciò che attese lo ius soli evocato dal Presidente. A dire il vero allora si entrava nel vivo della campagna “l’Italia sono anch’io” ma risulta ugualmente curioso il dato che due governi “anomali” su due abbiano cominciato il loro mandato con la stessa melodia di sottofondo: la cittadinanza e lo “straniero”  con il suo involucro sia legale che semiotico. Indubbiamente la tematica è di quelle urgenti che urlerebbero a una sua risoluzione se a fronte di un’abnorme deficit giuridico non si giostrasse tra la barzelletta e un razzismo dilagante, ma vi è anche dell’altro, qualcosa richiamante quell’aureola di sacralità che da sempre circonda l’azione statale in tempi in cui, quest’ultima, è erosa da un processo di auto-abdicazione nei confronti delle prerogative del mercato. Un po’ come se discutere di cittadinanza, dei propri “sudditi”, rigettasse al tempo stesso smalto sull’istituzione statuale e alcune dosi residuali di presunta civiltà sullo sguardo liberista. Ovviamente nessun governo targato Pd+Pdl sarà in grado, né vorrà uscire dal solco delle politiche migratorie degli ultimi decenni, quelle che hanno visto il razzismo istituzionale produrre solo clandestinità e marginalizzazione e oltre la retorica rimarrà il vuoto di un meccanismo di spoliazione che prevede come unica via necessaria al mantenimento del profitto quella della precarietà esistenziale. There is no alternative. La democrazia, com’è noto, è solubile e costretta in uno stato di pura ipotesi. Le organizzazioni che la frequentavano, all’oggi fantasmi delle loro origini, si ritrovano nella penosa condizione di occuparsi innanzitutto della propria sopravvivenza e il lavorio incessante di una classe dirigente è ridotta alla gestione delle condizioni simboliche e sociali oltre che materiali all’interno delle quali questa ipotesi sembra manifestare ancora l’aria di un possibile funzionamento. Tra un futuro di cui si sono perse le tracce e un presente avvitato su se stesso siamo ormai giunti alla sostituzione della rappresentanza con la rappresentazione ed è sufficiente una professione di fede nella “riforma” per farla apparire vera.

 
“Dove la menzogna, a forza di mentire, diventa verità, la menzogna esplicita è superflua”
Anders Günther
 

Se una novità vi è stata nel nuovo governo questa prende indubbiamente il nome di Cécile Kyenge. Una nomina inaspettata. Giusto un mese fa la si accusava di ipocrisia ora la si ritrova alla guida di un Ministero dal nome beffardo e di dubbio gusto: Integrazione. Una scelta simbolica che sembra essere stata fatta più per rabbonire e migliorare la digestione di una parte cospicua di elettorato, come a testimoniare “innovazione” e respiro “progressista”, più che per discontinuità vera e propria. Come dire il Viminale è altra cosa perché è quello il luogo in cui si prendono le decisioni più importanti sul tema immigrazione e le mani, in questo caso, sono quelle salde di Angelino Alfano in continuità sostanziale con lady Cancellieri e il proverbiale Maroni. Un sottosegretariato agli Interni avrebbe avuto infinitamente più sostanza ma immancabilmente meno apparenza ed è la “facciata” quella che conta in tempi di “pilota automatico”. Già la “facciata”, c’è però qualcosa che “non va” nel nuovo Ministro e sembra essere proprio la “faccia”, il suo colore. E’ nera e non c’è voluto molto perché orde di subumani uscissero dalle loro grotte per affermare quanto sia preistorica l’ItaliaMinacce Forza Nuova a ministro Kyenge (striscione 'Torna in Congo'Un cretino è un cretino. Due cretini sono due cretini. Diecimila cretini sono un partito politico diceva Kafka. A ben guardare il “partito politico” più “antico” in questo paese si chiama Lega nord e possiede esemplari del calibro di Borghezio ma in questa speciale classifica di “primitivismo” non sono di certo mancati i came-ratti di casa nostra. In “basso a destra” sappiamo come vanno le cose ma il “sentore” è che la faccia di Cécile non parli solo a loro. Sembra quasi infatti che quel nero costituisca un luogo di eccezione, un porto franco in riferimento al quale non solo al fascista è permesso di esprimere il suo razzismo esplicito ma anche al “multiculturalista tollerante” è consentito un sospiro di sollievo. E’ uno specchio su noi stessi la faccia della Kyenge, sulle nostre inadeguatezze, è “il Berlusconi in me” di Gaber, è la “furbizia proprio orientale delle sue origini” della Boccassini, è il tempo che cala su di noi e che ci interroga sulle nostre lacune.

Anzi guarda, fa’ una cosa, stai zitto. Sta’ solo zitto e basta.

Anzi guarda, fa’ una cosa, stai zitto. Sta’ solo zitto e basta.

L’anno passato, di questi tempi, l’Italia si giocava un Mondiale e Mario Balotelli era sulla bocca di tutti, giocava in attacco e faceva gol. Oggi riaffiora alla mente un bellissimo pezzo. Il tempo si è cristallizzato anche se non è più il prato verde ma la politica istituzionale ad essere chiamata in causa. Si spera sempre che  riesca a segnare qualche rete e non solo sullo ius soli ma sulle politiche migratorie nel loro insieme, che costano, costano tanto in tempi di “vacche magre” e questo sia in termini economici sia in termini umani (PDF). Purtroppo ha smesso i panni dell’attaccante ed è stata relegata “in difesa”. Si spera non ne rimanga solo la “facciata” o una “figurina”.

FiguriaCécileKyenge

Cécile Kyenge e Vanessa davanti al Cie di Modena prima della lieta conclusione di una vicenda aberrante.

Il sentimento di vivere nella menzogna è già di per sé una verità e questa non è qualcosa che deteniamo ma qualcosa che ci sostiene.