Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Posted on 16 agosto 2016

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Il centro è cieco, la verità si vede dai margini.

 

Ventimiglia. Agosto 2016.

Potrà mai un comune di poco meno di 25.000 abitanti offrire uno sguardo privilegiato sulla direzione che sta prendendo un Paese da 60 milioni circa il suo futuro più immediato? Se il comune in questione è un Comune “di confine” e se il suo balzare agli onori della cronaca è dovuto al tema “migrazioni” allora la risposta è certamente sì.

Tanti gli indizi che lo suggeriscono. Lo si può dedurre dalla distanza siderale che intercorre tra la rappresentazione mediatica degli eventi e il suo effettivo svolgersi sul campo. Dal climax che si respirava attorno alla vicenda e dal concerto di apparato mass mediatico e”senso comune” che andava in scena. turistiInfine, dal prodotto spiazzante che ne veniva fuori, un distillato di qualunquismo e “cattivismo” degno di un Paese alla deriva capace esclusivamente di additare sempre solo ed esclusivamente il proprio immediato sottoposto nella gerarchia sociale come fonte di tutti i mali.

Alle volte emergono dalla cronaca quotidiana situazioni talmente sovraccariche di significati ed indizi tali da poter stilare la misura ad una dimensione sociale e politica di una scala più elevata.

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Bambini, chi di voi vuole venire a cancellare la memoria?

E’ al livello delle sensazioni che si parla ma anche queste possono suggerire molto soprattutto quando rilasciano un’impressione di chiarezza e di cesura così precise. Percezioni che possono essere tranquillamente accumulate a quelle prodotte dall’avvento del “popolo delle spugnette”, nel 2015, a seguito della manifestazione No Expo del Primo maggio milanese dove fu evidente la distanza tra una minoranza che ragiona e che lotta e una maggioranza silenziosa prontissima a gettarsi verso la propria spoliazione pur di farlo nell’apparenza di un decoro.

Sono brezze che soffiano tra l’immobilismo della conservazione e la spinta reazionaria di un neoliberismo parrocchiale e che si traducono, nel contesto di questi giorni “alla frontiera”, in un clima più simile ad una Turchia erdoganiana dei tempi di Gezi Park piuttosto che ad un Paese che si considera “democratico”. Esagerazione? Niente affatto. Non c’è una sola cosa che stia in piedi a Ventimiglia dirimpetto ad un concetto “democratico” o di Stato di diritto.

Dopotutto abbiamo già dimenticato l’état d’urgence, la muscolare repressione militare francese alle proteste contro la Loi travail o la guerra a bassa intensità che sta andando in scena a macchie di leopardo nelle città americane? A quel concetto così definito, la fossa è stata già scavata da tempo. Ogniqualvolta i motori della guerra si riscaldano nuovamente un altro pezzo è stato eroso definitivamente. Una guerra sempre più frequente, sempre più attuale, sempre più vicina, sempre più indistinta, sempre più all’orizzonte, sempre più quotidianità e esercito per le strade.

Primi di Agosto – qualche giorno dopo lo sgombero del campo informale nato accanto a quello della croce rossa verso metà Luglio, a Ventimiglia non esiste più un luogo fisico dove incontrare le persone in viaggio che attraversano la città. 

regiaLa stazione è presidiata da Alpini, militari e polizia che controllano chi aspetta di prendere un treno per la Francia o cerca di comprare un biglietto e salgono sui treni ad effettuare i rastrellamenti per identificare chi cerca di oltrepassare il confine. Un tuffo nel passato di 70 anni circa: se tu, bianco, vuoi fermarti a parlare con qualche ragazzo in viaggio devi nasconderti dalle forze dell’ordine che altrimenti provvederanno immediatamente a fornirti un foglio di via dalla città. Ci si deve muovere così, come 007 in missione speciale, un clima surreale, in cui bisogna stare attenti anche usciti dalla stazione perchè ad ogni angolo c’è qualche camionetta dell’esercito o volante della polizia che pattuglia la strada. […] Mentre la cosa più evidente è che ad ogni angolo c’è un “passeur”, colui che dà passaggi, che sta contrattando con gruppuscoli di persone il prezzo e la tratta per portar loro in Francia. A quanto pare esistono dei legami tali tra passeur e la ‘ndrangheta per cui queste fantomatiche macchine passano senza controlli a determinati orari la frontiera. Questi non vengono minimamente osservati dalle camionette militari che girano nè dalla polizia che gli passa accanto. Allucinazioni negative selettive riescono a risparmiare i passeur dalla loro vista. (Tratto da: Ventimiglia: se questo è un uomo.)

Il racconto passato sui giornali e sulle televisioni fa incazzare. E’ vero, non vi è nulla di veramente nuovo nel criminalizzare il più possibile le voci scomode che si alzano fuori dal CpeigMjWYAAedzCcoro o nel cercare di nascondere presenze che per il solo fatto di testimoniare solidarietà vengono considerate ancor più scomode, pericolose; ma la visione della macchina mediatica contemporanea mandata a pieno regime lascia esterrefatti, un solo scopo, non già informare o analizzare, non sia mai, ma fabbricare, di volta in volta, un nemico funzionale al potere di turno. Questa ormai è l’unica “qualità” rimasta al giornalismo italico.

Il campo gestito dalla Croce Rossa è stato spostato lontano dal mare, in una zona dismessa dalle ferrovie nei pressi del parco Roja. Gli operatori della Croce Rossa agiscono di concerto con le forze dell’ordine. Nel campo si mangia male, non si riceve alcuna informazione sulla propria situazione, ma si rischia la deportazione alla minima protesta.
Nei pressi del campo ufficiale era sorto un campo spontaneo, gestito dagli stessi migranti, sgomberato pochi giorni prima dell’avvio del campeggio No Border.
Nella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 agosto circa trecento migranti sono usciti dal campo della Croce Rossa diretti alla frontiera. Bloccati nell’area dove lo scorso anno c’era il campo No Border, sono stati violentemente caricati dalla polizia. Con loro c’erano anche alcuni compagni che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia, dove è scattata la caccia all’uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.
Dei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall’Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia. (Tratto da: Ventimiglia. La disarmate banalità del bene)

Qua di seguito, invece, una testimonianza diretta della giornata di Sabato, senza ombra di dubbio infinitamente più affidabile delle veline della questura uscite sui giornali. Versione confermata, tra l’altro, dalle uniche immagini della giornata finora uscite!

 

Venendo ai fatti, provo a raccontare con poche e semplici parole quello che è avvenuto nel pomeriggio di Sabato 6 Agosto, una giornata come un’altra ma che mi ha visto coinvolto in una serie di tristi vicende che si prestano facilmente ad assumere i connotati emblematici di queste ultime ondate repressive.ilgiornale Nel mattino dello stesso giorno diversi compagni si recano in spiaggia per volantinare l’esistenza di un corteo che si sarebbe svolto l’indomani, dopodiché una cinquantina di ragazzi decide di muoversi verso il centro della Croce Rossa Italiana, nella quale sono ospitati diversi migranti, al fine di dargli un saluto ed esprimere tutto il proprio supporto e la propria solidarietà. Tempo di avvicinarsi al presidio percorrendo una linea ferroviaria abbandonata del Parco Roja, che una camionetta della polizia antisommossa ci raggiunge e i celerini si dispongono linearmente davanti a noi; a detta loro ci intimano di indietreggiare, pochi secondi dopo si sentono i primi spari e piovono lacrimogeni, i compagni indietreggiano e la celere avanza, tutto questo fino a che non si abbandona la linea ferrata e si raggiunge , qui comincia la barbarie vera e propria, diversi manifestanti si voltano e vedono arrivare a gran velocità due camionette della polizia (sembra quasi di rimembrare alcune immagini risalenti al G8 del 2001…), una si ferma all’inizio del ponte, l’altra supera molti compagni e inchioda prima del bivio; chi riesce a fuggire prende una delle due strade, per gli altri, oramai chiusi in un vero e proprio panino non resta che subire, inseguimenti e manganellate, in pratica una caccia alle streghe violenta e indiscriminata. I fermati risulteranno essere 11 sul ponte e 2 poco fuori da esso; nel momento dell’arresto e successivamente ad esso molti risulteranno essere gli accanimenti verbali e fisici (minacce non troppo velate e calci rabbiosi), il rilascio di 11 dei 13 fermati avverrà almeno 8 ore più tardi, alle 3:30 circa, successivamente ad una serie di insulti e di violenze psicologiche all’interno del commissariato.CpPVhs4XYAAckZf Da segnalare come un agente di mezza età sia rimasto vittima di un infarto fulminante durante questa degenerante operazione; la stampa e i media di regime sono riusciti puntualmente nel loro intento di strumentalizzare i fatti a tal punto da ribaltare le dinamiche dell’accaduto e criminalizzare ulteriormente il movimento, arrivando addirittura ad accusare implicitamente i manifestanti del decesso del poliziotto, sottolineando l’esistenza di tafferugli/scontri mai avvenuti effettivamente (13 ragazzi, compreso il sottoscritto, hanno ricevuto fogli di via dalla provincia di Imperia, denunce di partecipazione a radunata sediziosa aggravata e resistenza a pubblico ufficiale aggravata, solo in quella giornata…Già, perché di questi tempi cercare di evitare un cs o una manganellata è un grave atto di resistenza!)…In ogni caso 11 di loro vengono per l’appunto liberati la notte stessa, per altri 2, accusati anche di lesioni, non verrà adottata la stessa procedura, anzi verranno puntualmente isolati dal mondo esterno, impedendogli persino di parlare con il proprio avvocato, nel frattempo vengono rinchiusi una nel carcere di genova e l’altro in quello di imperia. Solo stamattina viene deciso dal gip se convalidare o meno l’arresto e i due ragazzi sono ora a piede libero, con il solito foglio di via sul groppone ed un processo fissato in Autunno. (Tratto da: Situazione a Ventimiglia, No Borders e repressione)

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13936900_1253871624625159_318111084_nPortare cibo e vestiti ai profughi in transito, organizzare un’accoglienza il più degna possibile laddove quella istituzionale non c’è o se c’è è coercitiva e repressiva, offrire supporto medico, sanitario, informazioni legali: tutto ciò dev’essere improvvisamente diventato reato tra i più gravi nel nostro paese se le persone che si macchiano di tale colpa vengono manganellate e picchiate in questo modo. Ma siccome la istituzioni tutte, dal Sindaco di Ventimiglia alle 13879376_294359864257268_7923933543082697205_nForze dell’Ordine, sono convinte che gli attivisti e i solidali siano la vera causa di tutti i mali e tutto ciò che accade (come a dire che i migranti non sono esseri pensanti in autonomia, un’idea vagamente razzista di quegli uomini e donne), per essere sicuri che il loro messaggio di di avversità e repressione non svanisca col riassorbirsi delle ferite inflitte al corpo, si cautelano aggiungendo anche un prolungamento significativo dell’intimidazione. Quindi le persone che sono state caricate, aggredite e arrestate si portano a casa, oltre alle ferite, anche le denunce: occupazione, resistenza, violenza, oltraggio. Verrebbe da dire “oltre i danno, la beffa”. (Tratto da: Ventimiglia e l’accoglienza)

“Nazisti….io la odio questa gente.” Indiana Jones

E che dire dell’abbaiare di questo tizio con la polo? CpQyb6ZXYAQTQb6Il video, lentamente, è circolato su alcune testate nazionali peccato ci siano voluti un paio di giorni per specificare che l’autore della performance in pieno stile Gestapo, un funzionario pubblico, era stato recentemente condannato a tre anni e due mesi per falso e calunnia.

Una premura per i particolari che non viene applicata di certo quando c’è da titolare sul mostro No Border…

E’ così che « due francesi e una donna toscana residente a Parigi » si ritrovano in una caserma di Ventimiglia e ci passeranno 10 ore. L’ accusa è pesante. Alla terza perquisizione del loro veicolo, BINGO !!, le prove schiaccianti sono rinvenute: un quadretto nero riportante l’ invito a raggiungere le persone di passaggio a Ventimiglia. 

NoborderE allora via, anche una pinzetta  e le forbicine da bagno, ogni oggetto della vita quotidiana di chi cerca di vivere in maniera relativamente autonoma diventano un’arma potenziale. Quasi immediatamente l’Ansa e qualche altro media, probabilmente dopo una telefonatina del piccolo duce della Questura di Imperia[1], parlano di «  due donne e un uomo, trovati in possesso di bastoni, spranghe, catene e coltelli » (Tratto da: “Dieci minuti, ragazzi”. Racconto di ordinaria repressione a Ventimiglia).

Infine, quando scema la canea e il conseguente montare di livore verso il migrante che vorrebbe solo attraversare una frontiera e verso il No Border colpevole di possedere il coraggio sufficiente per non girarsi dall’altra parte, calano le paroline magiche delle istituzioni. gabrielliDecompressione, alleggerimento (e tu sei lì che leggi e traduci: tregua) e le parole del capo della polizia Gabrielli si fanno quasi ragionevoli per automatismo a confronto dello stato di rancore e confusione generato. Peccato solo che dietro a quelle parole si nascondano delle deportazioni forzate. La strategia di Alfano & Co. è chiarissima: alleggerire la pressione sulle frontiere significa deportare al sud i migranti, come se la morfologia della penisola fosse il tappeto sotto al quale nascondere il problema e come se questi ultimi non avessero la tendenza a tornare verso il confine perché l’Italia non è certo il luogo verso il quale sono diretti. Non si trattasse di sofferenze sarebbe come un gioco di società dei più elementari,  tipo: “torna dal via”, peccato sia la strategia folle di un sistema al collasso e che comincia a gestire esclusivamente militarmente le proprie crepe.

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“In questi mesi, sta emergendo sempre più chiaramente che il ruolo preposto dall’Unione europea all’Italia per i prossimi anni è quello di essere un deposito di materiale umano sfuggito alle guerre umanitarie dell’occidente e alla sistematica spoliazione delle risorse dei paesi del sud globale che hanno subito gli ultimi decenni di “aiuto allo sviluppo”. Liberismo non significa apertura delle frontiere tanto quanto non significa prosperità e benessere per tutti. Le merci che questo sistema produce possono viaggiare, l’eccedenza umana che questo sistema genera no.
L’organizzazione, il controllo e la repressione dei flussi migratori rappresenta uno degli assi di ristrutturazione del capitalismo nel nostro paese. Il governo Renzi sta facendo del settore migratorio una delle sue direttrici programmatiche di sviluppo (vedi Migration compact). Uniche eccezioni alle ferree regole di bilancio europee, le spese sostenute dall’Italia per obbligare i richiedenti asilo a restare sul territorio italiano sono fuori dal patto di stabilità. L’UE ha detto all’Italia che dev’essere il gendarme d’Europa e l’Italia semplicemente esegue, trasformandosi nel carceriere delle persone in transito.” (Tratto da: Il problema è il confine.)

La testimonianza di un ragazzo di 21 anni. Tratta da: Progetto 20k

Parlare di Ventimiglia a chi non c’è mai stato nel corso dell’ultimo anno risulta sempre difficoltoso. Ormai quegli occhi e quei tratti straniti ho imparato a riconoscerli, si riproducono su tutti i volti.

Quello che più mi spaventa è uno strano meccanismo: anche solo dopo un paio di giorni di presenza fissa a Ventimiglia, inizi ad abituarti a eventi, soprusi e ordinarie violazioni come se fossero la normalità.

Già, la normalità.

Normalità a Ventimiglia è sentirti un criminale solo perché stai dando del cibo e dell’acqua ad un essere umano in situazione di estremo bisogno. Questo a causa di un’infame ordinanza interna prefettizia (ora diventata comunale grazie al sindaco piddino Enrico Ioculano) che vieta “la somministrazione di cibo ai migranti in transito”.

Normalità è sentirti un criminale se vai oltre questa base e inizi addirittura a parlare coi migranti, a capire da dove vengono e quanti chilometri hanno percorso prima di arrivare lì, a dargli informazioni utili sulla geografia del territorio, a fornirgli supporto legale e sanitario.

Eh sì, perché la normalità a Ventimiglia è creare un centro di accoglienza istituzionale con la gestione di Croce Rossa Italiana/UNHCR e il supporto di Caritas Intemelia. Normalità, in quel campo, significa uno-due blindati di polizia all’ingresso pronti ad intervenire al minimo screzio, un tesserino di riconoscimento con i tuoi dati personali – che non vuoi lasciare in Italia, altrimenti, grazie alla Convenzione di Dublino III, rischi di essere costretto a chiedere asilo qui –, mediatori culturali incompetenti e attaccabrighe, becero assistenzialismo privo di garanzie (le circa 700kcal del servizio pasto iniziale equivalevano a un terzo delle calorie necessarie per il fabbisogno giornaliero di una persona adulta), assistenza sanitaria e legale pari a zero, sovraffollamento, posti letto insufficienti e brandine piazzate all’aperto e/o vicino a scarichi fognari.

Normalità a Ventimiglia è sgomberare una ex-stalla occupata dai migranti in seguito all’apertura del centro della Croce Rossa. A circa trecento metri da quest’ultimo, i migranti avevano uno spazio in cui convivere in autogestione, organizzandosi e distribuendo collettivamente cibo cucinato e aiuti raccolti. Uno spazio in cui confrontarsi e discutere con i/le solidali, uno spazio con un info-point realmente utile alle loro esigenze di viaggio. Tutto ciò non poteva essere normalità, ci mancherebbe. In troppi avrebbero perso enormi interessi, economici e non; e il nostro paternalismo assistenzialista e post-coloniale avrebbe subito un duro colpo d’immagine.

Normalità a Ventimiglia è perquisire due volte, e poi sgomberare, un locale regolarmente affittato dall’associazione Freespot (costituita da solidali che da mesi si occupano di fornire supporto concreto ai migranti, anche tramite lo stoccaggio di cibo, vestiti e materiale informativo), prima con la scusa della “ricerca di armi”, e poi con quella delle “condizioni igienico-sanitarie”.

Normalità a Ventimiglia sono le deportazioni forzate di migranti, con l’imperdibile collaborazione di Riviera Trasporti S.p.A. (compagnia d’autobus imperiese) e Mistral Air (compagnia aerea di Poste Italiane). “Trasferimenti”, “decompressioni”, “alleggerimenti”, così li chiamano, con il loro bieco linguaggio istituzionale, cercando di escluderne la pratica disumana. Potete “trasferirli” dove volete, nei CIE, negli hot-spots, sulle isole, ma torneranno sempre a Ventimiglia, torneranno sempre qui, dove la speranza aleggia ancora nell’aria. Di esempi ne abbiamo avuti fin troppi. Il meccanismo delle deportazioni è dannoso, inutile e dispendioso. E’ come cercare di svuotare il mare con un bicchiere. (Quando assisti a una di queste scene in diretta hai il cuore in gola e viene sempre spontaneo chiederti: quando la Storia mi giudicherà, io da che parte stavo?).

Normalità a Ventimiglia è ricevere un foglio di via da 16 comuni in provincia di Imperia e denunce penali per reati assurdi e/o mai commessi, dopo aver preso una valanga di manganellate e aver trascorso quasi 7 ore in questura. Esiste il reato di solidarietà? Se sì – ed è un sì – allora lo ripeto: sono colpevole, sono un criminale.

Lo sono per aver portato – assieme a tutti gli/le solidali – cibo, acqua, vestiti, coperte e mappe ai migranti, per essermi immerso empaticamente nella loro situazione, per aver provato a renderli consapevoli dei provvedimenti legali dai quali erano colpiti, per essere stato lì mentre sulle loro carni si aprivano le ulcere causate dai morsi dei cani-poliziotto, per aver resistito quel giorno ai Balzi Rossi senza mangiare né bere per 15 ore filate accerchiati dalla polizia, per aver imprecato sapendo che molti di loro erano stati presi e deportati, per aver gioito sapendo che alcuni di loro ce l’avevano fatta.

Una sola parola: HURRYA, libertà.

 Foto in copertina di Michele Lapini.