Se l’interregno è già parte del peggior domani.

Posted on 14 marzo 2017

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“Ce gouvernement, je le caractérise d’un mot : la police partout, la justice nulle part.”
Victor Hugo, Assemblée législative, 8 avril 1851.

 

Non ci avevano messo molto a presentarsi male. Anzi, erano proprio partiti in quarta.

minnitiSe il primo Governo della XVII legislatura, quello di Letta il Giovane, nipote di Gianni il Berlusconiano e pronipote di Guido il Gerarca Fascista (da Il Nuovo Regno e Balotelli) cristallizava, di fatto, l’impossibilità ad una qualsiasi discontinuità alla governance neoliberale; il secondo, quello di Renzi, è stato il grimaldello che ha manomesso definitivamente ogni ostacolo alla spoliazione del Paese. La resa dell’Italia a terra di facile rapina per chiunque abbia voglia di estrarre un po’ di profitto con ogni mezzo necessario è stata portata a compimento con destrezza.

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Progetto Scuola-Lavoro per Autogrill. (Qua)

 Jobs-Act, Buona Scuola, proliferazione dei Voucher sono solo alcuni degli strumenti utilizzati. Dietro alla retorica imperante della neolingua liberista si nascondono vecchi arnesi come lo sfruttamento selvaggio, privilegi da Ancien Régime, corvées mascherate da opportunità fino ad una sorta di schiavitù vera e propria da riservare ai richiedenti asilo che, a quanto pare, avendo il colore della pelle adatto non avranno alcun problema a faticare gratis per godere della nostra infinita ospitalità!! Perché pagarlo il lavoro dopotutto se ci sono già disponibili schiere di materiale umano da forzare, con qualche motivazione pseudo progressista, per essere ordinate direttamente nel tessuto produttivo? briatMolto meglio importare ricchi paperoni stranieri con una bella tassazione ad hoc, una flat tax da centomila euro per stare a posto con il fisco, no? Sconti ai ricchi e lavoro gratuito, un sapore eccezionale di giustizia sociale quello che si presenta all’orizzonte. Siamo al nono anno consecutivo di crisi economica con un 28.7% di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale e una disuguaglianza economica tra le più vistose d’Europa, con una disoccupazione giovanile che supera il 40% (dati riservati solo a Grecia e Spagna questi fino a pochi anni fa) e un mondo del lavoro che non salva più dalla marginalità economica.

Fana

Chiaro che in questa situazione o si cambia o si stringono le maglie per cercare  di arginare il più possibile e di reprimere il malcontento che cova sotto la cenere magari cercando di incanalarlo in quel micidiale mix di austerità, razzismo, voglia di controllo e autoritarismo che tanto fa gola ai padroni.

ABISS

polettispallata

Ecco perché il terzo Governo della XVII legislatura si presenta esattamente con queste caratteristiche. A tal scopo serve e a tal scopo servirà. Dopo aver manomesso  gran parte delle conquiste ottenute negli ultimi cinquant’anni ma aver fallito la più simbolica, la riforma della Costituzione, dunque l’involucro legale nel quale confezionare la nuova architettura di stampo neoliberale, ora occorre fare dell’Italia uno Stato di Polizia a tutti gli effetti. Esattamente a questo serve il nuovo Governo del conte Gentiloni (famiglia nobiliare Gentiloni Silveri e parente di quel Vincenzo Ottorino Gentiloni già deputato del Regno d’Italia a ridosso della Prima Guerra mondiale) e se sono stati sufficienti poco più di tre mesi di governo per capirlo significa che la direzione è proprio chiara. D’altra parte (ci piace ricordarlo il più possibile) l’ordine neoliberale è difficile da imporre in una democrazia e non a caso il suo primo esperimento compiuto fu effettuato nel Cile di Pinochet. Ora, c’è una figura che fin da subito ha caratterizzato l’attenzione e il centro della scena in questo nuovo Governo fuoriuscito dalla sconfitta referendaria di Renzi il 4 dicembre scorso. Si tratta del neo Ministro degli Interni Domenico Minniti (detto Marco) che forse meriterebbe qualche paragrafetto di stampa (anche di movimento) in più visto protagonismo e posizione. Parliamo dell’unico esponente del Pd sopravvissuto sulla propria poltrona al passaggio di governo da Enrico Letta a quello dell’ex sindaco di Firenze e oggi protagonista assoluto di questa fine legislatura.

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«Siamo un reparto di super-elite. Qui vengono i migliori». «Il mondo è assetato di sicurezza», lo hanno sentito ragionare. E ogni volta che ritorna da un viaggio all’estero ripete che nella stragrande maggioranza dei paesi che visita il capo dei servizi è il numero due del governo. Ma nessuno la scambi per una notazione personale.  (Qua)

Famiglia di militari (padre, zio e fratelli sono Generali) nasce a Reggio Calabria nel ’56 e ha solo 14 anni nella Reggio del “Boia chi molla” di Ciccio Franco e delle manovre occulte di ‘ndrangheta, massoneria, servizi deviati dei cinque anarchici della Baracca uccisi misteriosamente e delle bombe sui treni. Gavetta nel Pci e una solida e duratura amicizia con Italo Falcomatà, sindaco della “Primavera reggina” nonché figura di spicco del PCI-PDS calabrese –  su cui la DDA di Reggio Calabria ha gettato, post mortem, un’ombra sinistra con l’inchiesta denominata “Mammasantissima” (da qua) sintomo di un passato che in Italia torna sempre a galla; nell’86 i primi incarichi poi, dopo la svolta della “Bolognina”, si avvicina a Massimo D’Alema. Nel ’98 è  Sottosegretario di Stato con delega ai servizi da qui in poi, inizia la carriera – almeno ufficialmente –  di Minniti ai vertici dell’intelligence di Stato che lo renderà uno dei personaggi più potenti all’interno dei vari governi di centro-sinistra. (da quaFu lui – ad esempio – a risolvere il caso Abdullah Öcalan (da qua) quando al leader del PKK venne negato l’asilo politico (concesso successivamente dalla magistratura italiana a cose fatte) che lo getto di fatto nelle grinfie della Turchia. Decisione criminale e che all’oggi si potrebbe tranquillamente definire complice del fascismo sempre più imperante in quel Paese e della brutale repressione imposta tanto alla minoranza curda quanto a qualsiasi voce democratica. Nel ’99  è sempre a Palazzo Chigi come sottosegretario quando si decide l’intervento in KosovoIl governo D’Alema li affida l’incarico di coordinatore del “Comitato interministeriale per la ricostruzione dei Balcani”, in quanto fervente sostenitore dell’intervento imperialista della NATO contro la Serbia per “fermare la pulizia etnica perpetrata dal regime di Milosevic contro la popolazione di etnia albanese”. […] La sua fedeltà alle disposizioni della NATO viene riconfermata nel 2011 quando si schiera apertamente per l’intervento armato contro la Jamāhīriyya libica del Colonnello Gheddafi. Minitti è solito ripetere a ogni piè sospinto che la Libia e il Mediterraneo sono d’interesse nazionale e che l’Italia “è una media potenza regionale che ha la sua forza nello stare in questa posizione. È questo il mandato che la comunità internazionale ci ha dato. A livello internazionale la Libia è considerato un territorio del quale l’Italia se ne deve occupare.” (da qua

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Nel 2009 assieme ad un soggetto che in altri tempi veniva chiamato “boia” (Francesco Cossiga) dà vita alla fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis), un centro di analisi ed elaborazione culturale che intende trattare in modo innovativo i temi della sicurezza, della difesa e dell’intelligence“È spuntato anche nell’inchiesta napoletana a proposito di un finanziamento di 20mila euro della coop Cpl Concordia destinato alla fondazione Icsa che Minniti aprì nel 2009 con Francesco Cossiga. Dal 2013 il sottosegretario ha lasciato ogni incarico, oggi la fondazione è presieduta dal generale Leonardo Tricarico. Un pensatoio molto trasversale: nel consiglio direttivo figurano magistrati, ambasciatori, generali, ammiragli e giornalisti (Paolo Del Debbio). […] E c’è chi ha visto la sua mano dietro le ultime nomine: il comandante dell’arma dei carabinieri Tullio Del Sette, il capo di Stato maggiore generale Claudio Graziano, il prefetto di Roma Franco Gabrielli, ex capo del Sisde.” (da Qua) Voci confermate anche qua.

minniti

Da dove si era partiti? Ah, sì perché se qualcosina lo si è già detto su Minniti (uno che solo vederlo parlare fa raggelare il sangue) due parole andrebbero spese anche per il neo Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza Franco Gabrielli. Prefetto de L’Aquila dal 2009 è stato vice commissario vicario dell’Emergenza Abruzzo a fianco di Bertolaso e infine prefetto di Roma durante il Giubileo. Un uomo d’emergenza con opinioni di questi calibro:

Gabrielli

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Calderoli


“You can’t have capitalism without racism”
Malcom X

raggiChe non ci fosse più alcuna differenza tra Pd (ma anche M5S e istituzioni in generale) e la destra più estrema che abbaia a lato era chiaro ormai da tempo. Che i media giochino un ruolo fondamentale in questo spaccio legalizzato di razzismo a reti unificate altrettanto. È una rincorsa asfissiante al cetomediume quella che fanno. Si coltivano benpensanti, soggetti che aspettano che qualcuno pensi al posto loro e che sono pronti a ubriacarsi di  qualsiasi banalità venga loro proposta purché abbia l’aria “rispettabile”, gente che indossa opinioni prêt-à-porter e sempre bendisposta a condannare il proprio simile purché questi si trovi in una posizione inferiore nella scala gerarchica sociale. La repubblica

Ora che le squadre in campo non siano esattamente quelle che vorrebbero vendervi nei talk show o sui telegiornali dovrebbe risultare chiaro anche ai più duri di comprendonio. Se, ogni volta che ti muovi, ricevi il plauso dei fascisti qualche cosa che non torna dovrà pur esserci.

Così questo sabato (11 marzo) è caduto un altro velo di questa sottile ipocrisia istituzionale. Il leader della destra italica, il riciclato Salvini, colui che dalla Lega Nord vorrebbe farsi il portavoce del “sovranismo” all’italiana scimmiottando la fascista Marine Le Pen, aveva annunciato un suo comizio a Napoli. disperatiCon sprezzo del ridicolo e dopo aver insultato per anni napoletani e meridionali occorreva organizzare un carrozzone mediatico anche al Sud (a quanto pare la sua presenza h24 nelle televisioni del Belpaese non è ancora sufficiente a produrre risultati). Come era ampiamente prevedibile la città non ha digerito la provocazione e il giorno prima del comizio attivisti delle reti antirazziste avevano occupato la sala congressi della Mostra d’Oltremare di Napoli, il luogo deputato al comizio di Salvini.

Sembrava fatta e che si andasse verso la non autorizzazione del comizio nella sala congressi quando entra in campo Minniti che impone al prefetto la decisione di far svolgere l’iniziativa. In pratica si impone il comizio di un fascista manu militari e con decisione diretta del Ministero degli Interni.

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 Ovviamente non era la prima volta che al personaggio veniva vietato un luogo in cui propagandare il proprio odio dato che tutti i suoi comizi vengono studiati appositamente per provocare (da ultimo, sarà questo 25 aprile per propagandare un po’ di sana licenza d’uccidere!) ma, a quanto pare, è risultato sufficiente perché intervenisse direttamente Minniti in persona. In pratica, in Italia, si possono tranquillamente tirar su barricate per cacciare donne e bambini profughi da Gorino ma contestare un politico che è perennemente in televisione è qualcosa di inaudito.

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ironico

Ironico.

Naturalmente il racconto mediatico della giornata di contestazioni a Napoli è stato un qualcosa da fare invidia anche alla ex DDR!!

NAPO

Mentre sul “terreno” le cose si svolgevano più o meno all’opposto dei titoloni mediatici.

“Un politico del nostro Paese, Matteo Salvini, ha detto, ieri, in un discorso pubblico proprio parole di questo genere: che «ci vuole una pulizia di massa via per via, quartiere per quartiere, e con le maniere forti se occorre». Parole pesanti come pietre. Una pulizia di questo genere c’è già stata non molto tempo fa nella nostra Europa e ne abbiamo una memoria ancora fresca, quella condotta dai serbi nella guerra bosniaca, la «pulizia etnica». È di questo genere di pulizia che si tratta, non di altro. Ogni volta che ascolto parlare di «pulizia» a proposito degli esseri umani mi tornano a mente le infinite bare di Srebrenica.”
Da Avvenire, 18 febbraio 2017.

Scalzone

17264294_10210492078912884_3087616304665748223_n (1)Dopotutto abbiamo salvaguardato il diritto costituzionalmente garantito a Salvini di potere tenere il suo comizio no? In Italia siamo attentissimi alle libertà costituzionali, non è forse così?

Il recente decreto Minniti ne è la prova più lampante. Un decreto che, forzando un po’, potrebbe essere tranquillamente inteso come il “nostro” État d’urgence da approvare sottotraccia.

“Come ha fatto notare Antigone, “il decreto Sicurezza si pone in sorprendente continuità col decreto-legge del 5 maggio del 2008 (Maroni), di cui rilancia lo spirito, proponendo un’idea di una sicurezza che considera la marginalità sociale presente nello spazio pubblico come elemento deturpatore del decoro, della quiete pubblica e finanche della moralità”. L’approccio al tema da parte del governo è vessatorio e quasi classista. Viene criminalizzato l’accattonaggio e rafforzato il sistema reclusorio.” (da qua)

Con i decreti sicurezza e immigrazione possiamo dire addio al buon senso, addio alla ragionevolezza, addio al garantismo, addio alla solidarietà, addio finanche alla rule of law. Come possono i parlamentari del Partito democratico, del movimento dei democratici e progressisti, delle forze cattoliche non di destra che appoggiano il Governo non rendersi conto che stanno votando un manifesto populista? Come fanno a non rendersi conto che gli apprezzamenti dei deputati leghisti o del senatore Giovanardi ai decreti del Governo su sicurezza e immigrazione sono un abbraccio mortale? […] Si scrive che c’è urgenza a intervenire in materia di sicurezza urbana, si offrono ai sindaci gli stessi poteri che gli aveva offerto inutilmente nel 2008 il ministro Roberto Maroni, si prevedono e auspicano sanzioni contro accattoni, prostitute (solo se ostentano le loro scelte), tossicodipendenti, si eleva il decoro a norma, si interviene sulle misure di prevenzione e si riduce la libertà di movimento delle persone, nonostante tutte le agenzie ufficiali (governo compreso) dicano che i reati «di strada» siano in calo netto negli ultimi anni. Nonostante la Corte Costituzionale abbia già dichiarato illegittimi i poteri dei sindaci nell’ambito della sicurezza urbana, nonostante due settimane fa siamo stati condannati dalla Corte europea dei diritti umani proprio per la nostra legislazione sulle misure di prevenzione (caso De Tomaso). […] Imbarazzo si percepiva nei volti di chi rappresentava il governo nel sentire le obiezioni dell’Anm, dell’Asgi, del Tavolo Asilo. Giudici, avvocati e docenti universitari in Commissione al Senato erano basiti per l’inconsapevolezza di chi ha scritto al ministero della Giustizia le norme procedurali in materia di asilo, norme per l’appunto anti-garantiste, vessatorie, etnicamente orientate.  Patrizio Gonnella su Il Manifesto col titolo “Punire i poveri” ed ora c’è anche un appello perché il Parlamento respinga il decreto.


 

Mentre continua la moda del mantra secondo il quale contestare un fascista ne aumenterebbe di fatto la visibilità (come se nel 1936 in Inghilterra la battaglia di Cable Street avesse favorito Mosley e non favorito invece, come osservato dalla stragrande maggioranza degli storici, il declino politico del partito fascista britannico) “sul terreno” del lavoro avvengono cose a dir poco inquietanti.

“Se c’era oltre a voi qualche gruppo politicizzato, li prendevamo e mettevamo in galera. Siccome però voi siete solo lavoratori vi stiamo ad ascoltare”.

Testuali parole di un funzionario Digos di fronte allo sciopero dei lavoratori delle pulizie dell’hotel Corsetti a Roma. Sono arrivati e hanno obbligato a togliere le bandiere del sindacato, perché la “manifestazione non è autorizzata”. Peccato che in quei giorni in cui l’autorizzazione è stata chiesta, l’azienda si è organizzata per tempo assumendo manodopera in nero per sostituire chi scioperava. E alla polizia non è fregato niente.
E chiaramente alla polizia non gliene frega niente neanche che l’azienda licenzi e riassuma i lavoratori con una cooperativa che li farà lavorare a chiamata. Il problema so le bandiere. E magari i gruppi politicizzati. (Da Qua)

A Modena già si sperimentano i “fogli di via” per delle manifestazioni sindacali  mentre alle ripetute denunce dei lavoratori sulle irregolarità delle aziende non si da seguito. Un’applicazione “sul campo” del nuovo decreto Minniti che prevede che il questore poi possa per talune persone disporre l’allontanamento e il divieto di accesso a certi luoghi per periodi non superiori all’anno? (da qua) È una doppia legalità quella che si sta attuando oggi in Italia, un pugno di ferro che viene applicato in maniera unidirezionale. Intransigente coi più deboli, lascivo oltre ogni limite di decenza nei confronti dei padroni. È il laissez-faire economico applicato alla sfera giurisprudenziale e sociale.

Nel mentre, il 28 maggio avremmo i due referendum su voucher e appalti promossi dalla Cgil (ce n’era anche un terzo, il più importante, quello sull’Articolo 18 che guarda caso presentava vizi di forma stranamente non notati dagli estensori e che dunque è stato respinto dalla Consulta) per continuare a fingere che la partita capitale/lavoro in Italia si giochi ancora su un terreno di scontro “democratico”.

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Grazie Napoli!