It’s Worse Than You Think, pure in Italia.

Posted on 26 febbraio 2018

0



Nel novembre del 2016, all’indomani delle elezioni presidenziali americane che consegnarono le chiavi della Casa Bianca a Donald Trump, Chris Hedges scrisse un pezzo che si concludeva più o meno così:

Una volta che le società si sono staccate dalla realtà, coloro i quali parlano affermando cose vere diventano come paria, nemici dello Stato. Soggetti ai quali è riservata una severa repressione. Chi invece è perso nelle fantasticherie del “culto della crisi” applaudirà all’eliminazione di tali Cassandre. Gli accattivanti miti del “pensiero magico” sono piacevoli oppiacei. Ma questi narcotici, come tutte le droghe, conducono allo squallore e alla morte.

Lo scenario che ci si presenterà davanti, subito dopo il 4 marzo, non è molto distante da quello teorizzato dal premio Pulitzer d’oltreoceano. Già da tempo se ne intravedevano i contorni; quando in un paese nel quale 7 miliardari possiedono la stessa ricchezza di 18 milioni di persone che sono a rischio povertà e il discorso pubblico è rapito quasi esclusivamente da una fantomatica invasione (tanto per farsi un’idea) e da iniezioni giornaliere di retoriche securitarie che trovano il nemico (a dispetto di tutti i dati) nel diretto subalterno allora abbiamo un serio problema di distacco dalla realtà. mafie

Staccata completamente la spina dell’informazione, ai media è stata inserita quella della propaganda, della menzogna, quasi come fossimo già precipitati in una guerra dove la verità è sempre la prima vittima. Lo ricorda anche il famoso detto. Ciò che non si ricorda mai a sufficienza, invece, è che, dato un concetto, esso viene tante più volte espresso e rimarcato dal potere quanto in virtù di una sua assenza e che la fragilità di una democrazia si misura anche e soprattutto attraverso la quantità di ingiustizia che è costretta a nascondere.

minnminni

Quando di una democrazia rimane giusto l’involucro, la forma, come un tratto che permane unicamente per il solo fatto di essere già stato completamente svuotato nella sostanza, allora siamo in presenza di un meccanismo esausto. Il fascismo è esattamente questo: il prodotto di una democrazia che ha cessato di funzionare.

Come spiegato perfettamente in questo articolo, la situazione italiana attuale può essere compresa al meglio sole se confrontata con quel ciclo politico reazionario che recentemente ha assunto dimensioni globali. In questo senso: “la Brexit e l’elezione di Trump sono stati solo i due eventi che hanno gettato la luce su una tendenza più articolata che tiene insieme, tra i casi più rilevanti, la crescita delle forze neofasciste in tutta Europa, il riassetto conservatore di molti paesi sudamericani, dell’India e dei paesi dell’Europa dell’est. Questo ciclo politico è al contempo l’effetto della “crisi di egemonia” delle élite e dell’ordine del discorso neoliberale, e la reazione organizzata all’ondata dei movimenti anti-austerità e democratici degli anni centrali della crisi economica. Il ciclo consiste in una serie di mutamenti che convergono nel riallineamento autoritario delle istituzioni statali, in un rafforzamento della balcanizzazione della società e del mercato del lavoro sulle linee della razza e del genere, e nella “rifeudalizzazione” dei rapporti sociali ed economici, anche quelli più minuti e molecolari. Per l’essenziale, questa tendenza si presenta come “non-inclusione” di una parte crescente dei subalterni.”

La nostra tesi, in questo contesto, è molto semplice e la andiamo ripetendo dal marzo scorso, in Italia, questa deriva autoritaria e fascista – chiamatela erdoganizzazione se proprio non riuscite a deglutire il termine – ha trovato un perfetto interprete nell’uomo forte seduto attualmente sulla poltrona del Viminiale. Il camerata Domenico Minniti, fascista vero, senza alcun ombra di dubbio.

La sua azione, per queste elezioni, ricorda molto da vicino le gesta di Ivanoe Bonomi, “socialista”, che nel 1920 e 1921 fornì al movimento fascista armi, ufficiali e munizioni.* Costui, nel ’19, ai socialisti che accusavano la polizia di essere corresponsabile delle violenze compiute dai fascisti e che furono tanto stupidi da lamentare che i fascisti di Mussolini conducessero una campagna di “violenza e di odio”, chiedendo che venissero dichiarati fuori della legge, rispose, alla Minniti, che non avrebbe mai preso “altre misure restrittive della libertà di propaganda e di azione”.*  Uno schema, già applicato dall’inquilino del Viminale lo scorso marzo, tra la visita di Salvini a Napoli e la manifestazione a Roma del 25 con alcuni pullman sequestrati nel Cie di Ponte Galeria e fogli di via distribuiti come fossero caramelle, uno schema nel quale la “democrazia è garantita” ma solo ed esclusivamente per le forze di governo e per le formazioni xenofobe e neofasciste. IMG_20180225_230807 Sarà quello infatti il leitmotiv della campagna elettorale 2018. Una campagna elettorale nella quale avranno piena agibilità di spazi e visibilità mediatica organizzazioni dichiaratamente fasciste mentre tutto il resto subirà la repressione di un apparato poliziesco sempre più feroce e innervosito.  Corpi militari dello Stato che non agiscono mai a casaccio ma solo ed esclusivamente in base a precisi ordini e indicazioni di tipo gerarchico. Più che due pesi e due misure stiamo alla totale impunità per una parte e all’accanimento repressivo verso l’altra.

Da inizio febbraio:

Genova scende in piazza dopo un’aggressione fascista con tanto di accoltellamento avvenuta vicino alla sede di Casapound della città. Sfilano in 5.000 anche senza Anpi e Cgil.

A Macerata si spara. Un tizio con un tatuaggio neonazista sulla testa comincia a sparare a tuti i neri che incontra per la strada. Era un ex candidato della Lega di Salvini ma la cosa non desta scalpore. L’attentato è praticamente rivendicato da Forza Nuova che dichiarerà di voler pagare le spese legali di chi ha sparato. Minniti tenterà in tutti i modi di vietare la manifestazione antifascista promossa dalle realtà sociali della città dopo aver lasciato praticamente campo libero a tutte le altre formazioni neofasciste (tranne Fn). Fallirà nel tentativo, dopodiché sostituirà direttamente il questore di Macerata reo di non aver vietato la manifestazione. Quest’ultima, riuscitissima, 30.000 persone, nonostante le defezioni di Anpi e Cgil verrà tradotta, sui media mainstream, in un coro sulle foibe udito solo da qualche giornalista.

Nel frattempo a Piacenza una manifestazione per protestare contro l’apertura di una sede di Casapound è più volte caricata dalle Fdo che ad un certo punto indietreggiano poi scappano lasciando un celerino nelle mani dei manifestanti. Apriti cielo. Canea mediatica, 3 arresti e  gli organizzatori della manifestazione denunciati per i reati di istigazione a delinquere e violazione delle disposizioni dell’autorità di pubblica sicurezza.

Qualche giorno prima, in un anonimo mercoledì, la polizia aveva caricato a Padova una passeggiata antifascista in modo totalmente gratuito mentre negli stessi istanti, a Pavia, fascisti e agenti di polizia colpivano fianco a fianco la manifestazione antifascista.

A poche ore di distanza, giusto per non farsi mancare nulla, a Fisciano un paesino in provincia di Salerno, un candidato di Potere al Popolo viene violentemente picchiato dalla polizia.

Qualche giorno più tardi a Roma, i fascisti di Casapound prendono a calci e sputi tre donne sotto gli occhi impassibili delle forze dell’ordine che non intervengono minimamente.

Poi ancora a Pavia, come in uno specchio perfetto tanto delle contraddizioni leghiste quanto della reale emergenza sicurezza nel paese, abbiamo l’arresto di un ex consigliere comunale della Lega sessantenne che prima uccide l’amante ucraina sparandole con la pistola poi si disfa del cadavere gettandola nel Po. Le casse di risonanza dei media, solitamente molto attente a speculare sulla cronaca nera, in questo caso guardano ovviamente altrove.

Bologna, la polizia carica con manganelli, blindati e idranti una piazza di studenti per far posto al comizio di Fiore (Forza Nuova), un leader che un tempo apparteneva a Terza Posizione associazione condannata come eversiva e coinvolta nella strage del 2 agosto. Una giornata che si protrae da mattina a sera in una Bologna che parrebbe l’Istanbul di Erdogan con elicotteri e idranti a difesa di poche decine di fascisti.

https://twitter.com/Wu_Ming_Foundt/status/964809715636166656

napoliNapoli, con le cariche brutali, le decine di fermi, le immagini cilene e le dichiarazioni del questore Antonio De Iesu che definisce i manifestanti antifascisti come dei manigoldi. La tensione che continua a salire come è sempre più chiaro per chi giochino spudoratamente le forze agli ordini di Minniti.

Pochi giorni dopo a Perugia altri attivisti di Potere al Popolo vengono aggrediti, 4 coltellate e botte coi bastoni. Gli aggressori fuggono ma Casapound ribalta la versione tirandosi direttamente in ballo nella vicenda. Nessun arresto e poco clamore mediatico alla vicenda. Tutto il contrario di ciò che accade invece a Palermo dove, in una vicenda dai contorni molto torbidi, accade tutto molto in fretta. Un esponente di Forza nuova aggredito selvaggiamente, testa spaccata, esamine [sigh] in un lago di sangue, con arresti che scattano già il giorno dopo e l’accusa di tentato omicidio. Peccato che il referto medico parli solo di 5 giorni di riposo. Gli accusati vengono scarcerati ma il loro avvocato dichiara: “Se si dovesse applicare il diritto sarei ottimista, purtroppo però il contesto non è dei migliori. Siamo nel metadiritto, stanno influendo cose che si trovano al di fuori del palazzo di giustizia”.

A Brescia viene dato fuoco al centro sociale Magazzino 47. Il terzo attentato incendiario in città nel giro di pochi giorni. “Possiamo affermare con certezza che si è trattato dell’ennesimo infame attacco di fascisti e razzisti che cercano di seminare un clima di odio razziale e intolleranza in città – prosegue la nota. Gli stessi che nelle scorse settimane hanno colpito le Casette occupate di via Gatti e il campo Sinti di via Orzinuovi. Gli stessi che inneggiano a Luca Traini, autore dell’attentato razzista di Macerata.

Il nemico pubblico numero uno però sui giornali e nelle dichiarazioni di tutto l’arco politico rimane l’antifascismo. Per il corteo di Torino si grida al terrorismo vero e proprio mentre a Milanodietro al motto “Abbassiamo i toni” si cela il commissariamento della piazza da parte del Viminale, i reparti convocati da mezza italia, 800 uomini a blindare la piazza milanese. Ad aggiungere pepe una quindicina di lacrimogeni a colpire il cuore di una piazza senza vie di fuga.

“In un paese che vive in uno stato di emergenza continuo e nel quale le operazioni di polizia sostituiscono progressivamente il potere giudiziario, è lecito attendersi una dissoluzione rapida e irreversibile delle istituzioni pubbliche.” Giorgio Agamben.

Tutto ciò mentre alle formazioni fasciste è consentito praticamente tutto, persino i blitz nelle sedi televisive nazionali. Per ultime: l’aggressione ad un militante di Liberi e Uguali nell’hinterland milanese e la polizia di Stato che sbeffeggia tranquillamente Amnesty International che monitorava il suo operato. Manca ancora una settimana al voto. Lunghissima. Soprattutto perché dietro a questa tensione è facile nascondere i temi politici reali, quelli che non verranno mai affrontati. IMG_20180226_095230 (1)

Una campagna elettorale che sembra la riproposizione odierna di quell’aprile del 1919 soltanto che,  a differenza di Bonomi, Minniti potrebbe tranquillamente rendere effettivo il divieto di riorganizzazione del partito fascista previsto dalla Costituzione sospendendo se non altro dalle elezioni quelle formazioni che tali si dichiarano apertamente e che intrattengono rapporti mai chiariti con le mafie. Se non lo fa è perché gli servono, perché sono funzionali a un disegno repressivo che mira a eliminare ogni dissenso vivo e organizzabile nel paese, perché questi non sono altro che l’epifenomeno di una deriva autoritaria molto più ampia che travalica gli Stati e i continenti. A differenza di Bonomi, tuttavia, Minniti ad oggi non ha alcun Mussolini  dietro la schiena, conDuce lui nave, in poco più di un anno non solo è diventato il perno dell’azione governativa ma baricentro principale del discorso politico dell’arco parlamentare. Chi gli si oppone finisce fuori (vedi Luigi Manconi), a dispetto delle apparenze formali è il vero capo del Pd (Renzi ormai è un appestato che non si è ancora reso conto di esserlo, secondo il Daspo urbano, Renzi andrebbe denunciato per accattonaggio) apprezzato silenziosamente tanto a destra (basta leggerne i giornali) quanto dalle mummie di la Repubblica, incassa il sostegno di Di Battista: “Minniti ha capacità che altri nel Pd non possiedono” e si è già dichiarato pronto alle larghe intese con Berlusconi. Gli ingredienti sono già tutti sul tavolo, basta metterli in fila e amalgamarli. Minniti rimarrà il nostro problema anche dopo le elezioni. Il volto principale del nemico.

Nazionalismo, razzismo, suprematismo bianco, crimini d’odio e venerazione tanto della mascolinità quanto del militarismo sono fattori ormai penetrati nel discorso politico principale. Siamo al fascismo mainstream ben descritto da Alessandra Daniele, lo troviamo in tutte le sue declinazioni, dal fascismo sovranista che promette dazi e muri, a quello “sociale” preoccupato per la fertilità delle italiane, a quello squadrista e securitario dei manganelli di Stato e del Daspo urbano, a quello padronale che cancella lo Statuto dei Lavoratori e reintroduce lo schiavismo, a quello razzista e colonialista del “Prima gli Italiani” e dei campi di concentramento in Libia. La classe dirigente di questo paese, come da tradizione, ha già abdicato e messo all’asta gli ultimi baluardi di democrazia che manteneva in bella mostra sul comodino, come soprammobili. Per rimanere in sella è disposta a tutto e lo sta dimostrando ampiamente, basta leggere tra le righe del suo indicatore principale, la “grande” stampa e le sue firme principali da sempre i baciapile di prim’ordine.

IMG_20180225_104542IMG_20180225_104504

Esattamente come negli anni ’20, l’attacco congiunto proseguirà feroce verso antifascisti e centri sociali (l’hanno già detto) giusto per proseguire il lavoro cominciato dal Viminale in questi ultimi anni con sgomberi sempre più frequenti e un’accelerazione del processo esponenziale. Dove non arrivano le divise poi arriva il fuoco dei fascisti a dar man forte all’opera. Il piano inclinato sul quale ci si muove è ormai questo, un paese divorato da una malattia che aveva già assaggiato una novantina d’anni fa e ora se la ride beffardamente, in attesa di voti che lo eleggano ugualmente, indipendentemente da dove stia la croce.

Solitamente si è portati a pensare che per cancellare la “democrazia” servano eventi particolari tipo guerre o colpi di Stato, in realtà le democrazie si logorano da sé, aprendo le porte a istanze e figure che, piegando a poco a poco le regole del sistema a proprio favore, ne stravolgono completamente il volto. Se pensiamo a quanto è riuscito a erodere Minniti in un solo anno seduto sulla poltrona del Viminale possiamo farci un’idea della dimensione del problema. Inoltre, tutta le retoriche sulla sicurezza e sul governare la paura non hanno fatto altro che produrre un vero e proprio ribaltamento nel quale è lo Stato stesso a doversi fondare sulla paura e a sostenerla sempre in misura maggiore perché, in fin dei conti, è da essa che trae la sue principali e forse uniche funzioni di legittimazione. Occorrerà ricordarlo sempre di più nel futuro più immediato.

Nell’attesa che arrivi rapidamente questo 4 marzo per delle elezioni dall’esito già scontato e un governo di larghe intese quasi già apparecchiato vorremmo gettare lo sguardo sul come questa paura governamentale verrà dispiegata sui territori.

Come in un concerto dal tenore nemmeno troppo vagamente nazista, dove non arriveranno le grinfie della legge Minniti giungeranno le ronde neofasciste a “bonificare” il terreno. Agli estremi del paese abbiamo da un lato, le ronde di Forza Nuova sugli autobus di Palermo per la sicurezza™ [sic] dei passeggeri, dall’altro a Bolzano Casapound che caccia poveri, senza casa e migranti dalla sala d’aspetto di un ospedale pubblico. In quest’ultimo caso, subito dopo le parole di condanna, le istituzioni si accoderanno direttamente agli intenti dei fascisti, come in una sinfonia che prevede una sempre e maggiore esclusione delle classi subalterne.

“Verso la fine del XIX secolo, l’igienismo sociale di matrice medico-positivista fiorito in Italia è stato ampiamente utilizzato dal regime fascista a scopo propagandistico, trasformandolo in una specie di religione di Stato che pervadeva ogni aspetto della vita quotidiana. […] “È la “sacrosanta opera di ramazza”: si trasferiscono in periferia i poveri che offendono la vista, i riottosi, gli antifascisti inguaribili, i baraccati. Roma fascista deve apparire “lustra e pulita”. “Delenda baracca!”, proclama la rivista del governatorato. E, inorridita, descrive la cintura dell’Urbe, “una bruttura di sudicie baracche, un disordinato assedio di cenci pestilenti: pestilenze fisiche – crediamo che la spagnola vi abbia falciato dentro con gran giro di mano – e pestilenze morali, poiché i germi del vizio e del delitto allignano in quei tuguri con tutte le loro più venefiche insidie” (Caracciolo 1984). La coappartenenza di questa dimensione “igienista” al discorso razzista e fascista avviene in particolare in termini estetico-politici che è possibile ritrovare oggi iscritti nei governi delle società contemporanee. Dietro a programmi di normalizzazione e sicurezza sempre più ferrei, spesso si nasconde una volontà molto più prosaica di ripulire la città.“ **

Saranno questo genere di dispositivi che andranno sempre più compresi e ostacolati nell’immediato futuro e tutte le piazze che in questi giorni terribili di “campagna elettorale” si sono riempite (come non si vedeva da tempo) sono esattamente la ricchezza e l’antidoto necessario. Perché, come scrive in questo contributo alla discussione il collettivo Antifà Macerata: il fascismo si combatte sia con il corpo che con la mente, uniti, e attraverso pratiche quotidiane e territoriali di lotta, attraverso il lavoro per strada, nelle piazze, nei posti di lavoro, sui fogli di giornale e persino sui territori immateriali dei social. Questo significa, a nostro parere, arginare i gruppi neo-fascisti con i nostri corpi. Ma significa anche, e su questo abbiamo ancora molta strada da fare, respingere l’espansione agghiacciante “cultura neo-fascista” che si nutre di de-umanizzazione del “diverso”, di suprematismo e  conflitto tra poveri. Queste le strade da percorrere e nient’altro.

semi

 

* Gaetano Salvemini – Le origini del fascismo in Italia Lezioni di Harvard – Feltrinelli 2015 

** Carmen Pisanello – In nome del decoro. Dispositivi estetici e politiche securitarie. Ombre Corte 2017